Bergamo

Le ridotte dimensioni di Bergamo Alta, dove, su un territorio vasto all’incirca come un quartiere cittadino, racchiuso e protetto dalle cinquecentesche mura, si trova la maggior parte del patrimonio monumentale e artistico della città, permettono di poterne pianificare una visita senza l’obbligo di seguire un itinerario preciso ma semplicemente di andare alla scoperta di piazze e vie lasciandosi guidare solo dalla propria e istintiva curiosità. Si può ad esempio partire dal cuore della città, la Piazza Vecchia, cogliendo la suggestione del centro storico e dei suoi monumenti con le sue luci e le atmosfere di epoche passate, andare oppure alla ricerca delle bellissime vedute verso la pianura e verso le Alpi con gli straordinari punti panoramici offerti dalla Torre Civica (Campanone) e dalla Rocca oppure ancora percorrere le antiche passeggiate lungo i borghi di Pignolo o di Sant’Alessandro e il viale che dai bastioni passando per porta Sant’Agostino, scende al centro di Bergamo Bassa, sono questi percorsi ideali per andare alla scoperta di Bergamo. Per chi non ha voglia di lunghe camminate non è da dimenticare la funicolare che, se da un lato facilita sicuramente i collegamenti, offre al tempo stesso un modo diverso e caratteristico per conoscere Bergamo. 
La Bergamo antica sorse in un luogo strategico, all’imbocco delle valli Seriana e Brembana che si addentrano entrambe per una cinquantina di chilometri tra i monti, noti come Alpi Orobiche.
Un luogo strategico soprattutto per traffici e commerci tra la pianura e la montagna, di cui la città ha avuto per secoli il monopolio. Fu probabilmente proprio la necessità di poter intrattenere commerci tra le diverse popolazioni a dare origine al primo insediamento sul colle di Bergamo per creare qui una base, un punto d’incontro, tra le valli e la pianura. Prima villaggio celtico diventato poi importante città romana, da allora, secolo dopo secolo, la città sul colle è cresciuta, si è sviluppata, si è trasformata, ma senza mai abbandonare il luogo d’origine. La stessa costruzione delle Mura veneziane, pur modificando l’aspetto della collina, ha contribuito a consolidare questa caratteristica di fondo. La città più antica è rimasta lassù, mentre attraverso i borghi, sorti lungo le prime vie che portavano, alla pianura e alle altre città lombarde, Bergamo ha mantenuto i collegamenti con il resto del territorio.

Il mio itinerario è rivolto alla sola Bergamo Alta. Un piccolo angolo che nonostante la mia visita avvenuta in un grigio giorno autunnale, sotto una pioggia battente, mi ha lasciato davvero senza parole.
La struttura dell’antica città si fonda sull’impianto della Bergamo romana: l’asse delle vie Gombito-Colleoni (un tempo Corsarola) e San Lorenzo-Mario Lupo ripete lo schema del Decumano e del Cardo, il cui incrocio è dominato dalla torre di Gombito. Con la funicolare che sale da Bergamo Bassa vi ritrovate subito nel cuore del centro. Dalla parte opposta, pochi metri fuori la porta Sant’Alessandro, parte una seconda funicolare che sale al colle di San Vigilio, dove potrete ammirare dalle splendide vedute panoramiche.
Una curiosità: tra i primi utilizzatori della funicolare anche lo scrittore Hermann Hesse, futuro premio Nobel per la letteratura, che nel 1913 utilizzò questo impianto, da poco inaugurato, per andare alla scoperta della collina di Bergamo, costellata di giardini e orti e rimasta oggi quasi immutata per bellezza degli ambienti e dei paesaggi. 
Le mura che proteggono il borgo vennero costruite dalla Repubblica di Venezia nella seconda parte del XVI secolo, epoca in cui la città orobica rappresentava l'estremità occidentale dei domini veneti sulla terraferma. Fu proprio la Serenessima, che dopo la scoperta delle Americhe, stava iniziando a percepire il suo inesorabile declino come potenza commerciale a puntare su Bergamo, data la sua posizione strategica, per ampliare i propri commerci verso il centro d’Europa investendo nella sicurezza ma anche nell’abbellimento della città. I lavori di costruzione delle mura iniziarono nel 1561 e furono affidati al conte Sforza Pallavicino. L’opera cambiò radicalmente l’aspetto della città perché per la sua costruzione furono abbattuti numerosi edifici: civili, militari ma anche religiosi. L’abbattimento di ben 8 edifici religiosi costò al conte Sforza altrettante scomuniche che però negli anni seguenti, dopo numerose e cospicue offerte alle autorità religiose vennero annullate. L'imponente sforzo organizzativo portò un notevole sviluppo all'economia della città, grazie ad un'elevata richiesta di manodopera ed all'indotto che la costruzione comportò. Le previsioni indicavano una tempistica dei lavori che si aggirava attorno all'anno, con una spesa di circa 40 mila ducati. Queste tuttavia vennero totalmente disattese, tanto che l'opera venne conclusa soltanto nel 1588, ben ventisette anni dopo, con un conto lievitato fino a raggiungere il milione di ducati. La struttura, che nel corso degli anni ha subito pochi interventi di modifica, ha uno sviluppo pari a sei chilometri e duecento metri, all'esterno della quale si trovava la cosiddetta strada coperta, ovvero un camminamento protetto da muri, utilizzato dalle pattuglie poste a guardia. L'altezza delle mura in alcuni punti arrivava a cinquanta metri. La cinta muraria risulta essere costituita da 14 baluardi, 2 piattaforme, 32 garitte (di cui solo una è giunta sino a noi), 100 aperture per bocche da fuoco, due polveriere, 4 porte (Sant'Agostino, San Giacomo, Sant'Alessandro e San Lorenzo, ora intitolata a Giuseppe Garibaldi). A tutto questo vi è da aggiungere una miriade di sortite, vani sotterranei e passaggi militari di cui, in parte, si è persa la memoria, collegati tra loro tramite un numero imprecisati di cunicoli. L'impianto militare prevedeva inoltre alcuni piccoli quartieri militari, tra cui un arsenale posto nella Rocca, in cui si riparavano le armi e si fabbricava la polvere da sparo. La Rocca si trova nella parte alta della città sul colle di Sant'Eufemia, da cui domina, verso sud, la città bassa e la pianura circostante mentre verso nord guarda la corona delle Orobie. Al mastio della Rocca, già esistente, fu aggiunto il torrione circolare che ancora oggi lo caratterizza e al suo interno un edificio, la cosiddetta scuola dei Bombardieri, caserma degli artiglieri. La Rocca mantenne la sua funzione militare anche durante il breve periodo napoleonico, 1797-1814, e sotto la successiva dominazione austro-ungarica, dal 1814 all’8 giugno 1859, quando fu liberata da Garibaldi. Erano inoltre presenti due piccoli edifici, dalla tipica forma con tetto piramidale, adibiti a polveriera, mentre le scorte di armi e viveri erano collocate nella Cittadella che era sede della Capitaneria Veneta. 
La cittadella, fortificazione eretta dai Visconti quando imposero la loro signoria su Bergamo aveva inizialmente più lo scopo di presidio sulla città stessa che quello di difesa da nemici esterni. Con la dominazione veneta divenne sede della Capitaneria, con i Francesi e con gli Austriaci l’uso militare continuò ma con un progressivo degrado fino arrivare agli inizi del 900 a un vero e proprio abbandono. Stato di abbandono che terminò tra il 1958 e il 1960 in occasione dell’opera di restauro che, oltre a restituire in parte all’edificio il suo aspetto originario, insediò nell’edificio il Museo Civico di Scienze Naturali Enrico Caffi e il Museo Civico Archeologico.
In ambito strategico era importantissimo anche il cosiddetto Forte di San Marco, una sorta di fortezza nella fortezza: questo occupava la parte nord della città alta, dalla porta di Sant'Alessandro a quella di San Lorenzo. Il suo compito era quello di difendere la città in direzione dei colli, nonché di permettere una protetta via di fuga di massa in caso di caduta della città, tramite un varco (o quinta porta), detto appunto Porta del Soccorso. Inoltre racchiudeva un passaggio segreto sotterraneo che consentiva di raggiungere la fortezza del Castello di San Vigilio, posta sull'omonimo colle sovrastante la Porta di Sant'Alessandro
Tuttavia i cannoni ed i bastioni, che esternamente danno alla città un aspetto di fortezza inespugnabile e concepiti con concezioni all'avanguardia, non furono mai utilizzati per fini militari, tanto che nel 1797 i francesi entrarono in città senza nemmeno esplodere un colpo d'artiglieria, a causa del disfacimento della Repubblica di Venezia, sancito con il Trattato di Campoformio. Nonostante il loro non utilizzo in ambito militare l'8 giugno 1859 le mura furono nuovamente protagoniste della storia cittadina grazie al passaggio di Giuseppe Garibaldi e dei suoi Cacciatori delle Alpi, che entrarono nella città tramite la porta San Lorenzo, da allora nominata Porta Garibaldi. L'evento, preparato nei minimi dettagli dal maggiore Gabriele Camozzi, sancì l'annessione della città al Piemonte.Dalla loro costruzione nel 1500 le mura determinarono una sorta di cristallizzazione della parte collinare della città inscritta nel perimetro della fortificazione, da allora chiamata Città Alta, la zona è rimasta isolata dalla parte detta Città Bassa, mantenendosi inalterata nel corso dei secoli e preservandosi da alterazioni architettoniche.

Il cuore pulsante di Bergamo Alta è senza ombra di dubbio la Piazza Vecchia. La piazza incominciò a prendere la forma attuale nel ‘400 con la demolizione di un gruppo di case che occupava l’area antistante il Palazzo della Ragione. Il Palazzo venne edificato nel XII secolo, citato nei primi documenti come Palazzo Comunale, nei secoli successivi l’edificio mantenne inalterato il ruolo di centro politico cittadino prima con la Repubblica di Venezia, quando venne ribattezzato Palazzo della Ragione, poi nella successiva dominazione napoleonica. La decadenza istituzionale iniziò nel corso del 1800 sotto il dominio asburgico prima e con la successiva annessione al nuovo Regno d’Italia. Fortunatamente nel corso del ‘900 la riscoperta e rivalutazione in chiave storico-turistica ne ha permesso un ritorno agli antichi splendori. Il leone di San Marco che spicca sopra il balcone centrale è stato simbolo, per 350 anni, della dominazione di Venezia, distrutto nel 1797 con l’arrivo dei francesi, il leone in marmo è una copia donata dalla città di Venezia nel 1933. Con l’inizio della dominazione veneziana la Piazza acquistò forme e misure rinascimentali, soprattutto quando l’edificio sul lato occidentale fu trasformato per divenire sede del podestà veneto. In origine residenza delle famiglie Suardi-Colleoni (da ciò la denominazione di "Domus Suardorum"), diventò durante la dominazione veneziana sede dei Podestà nominati dalla Serenissima, in pratica i governatori della città. Per la splendida decorazione della facciata fu chiamato uno dei più noti artisti dell’epoca, il Bramante, che l’affrescò nel 1477. Affreschi oggi purtroppo in parte perduti. Il Palazzo del Podestà è collegato da una balconata coperta all’attiguo palazzo della Ragione, nel quale, in occasione del restauro dopo il devastante incendio del 1513, l’architetto Pietro Isabello ricavò un unico grandioso salone, che prende il nome di sala delle Capriate. Adibito a varie funzioni durante il dominio di Venezia e con gli Austriaci, il Palazzo del Podestà finì con l’avere nell’arco dell’ultimo secolo destinazioni non consone alla sua importanza storica. Sottoposto dal Comune a un intervento di restauro e di recupero durato quindici anni, il palazzo ha rivelato importantissime testimonianze riguardanti la storia della città. Nel sottosuolo sono venuti alla luce resti e strutture d’epoca romana, tra cui un poderoso muro e resti di botteghe che hanno consentito di dare una definitiva collocazione all’area sulla quale sorgeva il foro. La piazza assunse l’aspetto definitivo con la costruzione, sul lato est, del nuovo palazzo del Comune, la cui prima pietra fu posta nel 1604. Il progetto venne affidato all’architetto Vincenzo Scamozzi ma, anche per mancanza di fondi, l’edificio non fu portato a termine come nel disegno originale; rivestito di candido marmo, ora ospita la biblioteca civica Angelo Mai, nel cui preziosissimo patrimonio di pergamene, codici miniati, incunaboli, archivi è depositata la storia della città. Nella piazza svetta su tutto la Torre CivicaSimbolo della città medievale, la Torre del Comune, alta 52 metri, dai suoi due piani panoramici, raggiungibili con un modernissimo ascensore, offre non solo splendide vedute sui tetti del centro storico e sulla catena delle Alpi, ma è l’ideale punto di vista su Piazza Vecchia. Solo dall’alto infatti si può cogliere l’equilibrata misura di questo spazio, di cui la bella fontana, donata nel 1780 alla città dal podestà veneziano Alvise Contarini, è il perno. La torre è detta anche del Campanone per la grande campana che, oltre ad annunciare le riunioni del consiglio comunale, batte tutte le sere, sempre alle 22, più di 100 colpi, l’antico coprifuoco, ovvero l’antica chiusura serale delle porte della città.